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Hai mai visto qualcuno preparare l’orto come fosse un campo di battaglia?

Mi riferisco a quelli che armati di vanghe affilate, frese rombanti e motozappe infernali, attaccano la terra con un solo obiettivo: dominare la Natura.

Magari anche tu sei stato uno di loro, lo ammetto, anch’io lo ero.

Poi però ho capito qualcosa che ha rivoluzionato il mio approccio all’orto e, soprattutto, ha salvato la mia schiena: lavorare meno e meglio.

Sono Roberto, aiuto le persone come te a realizzare e gestire giardini in modo semplice, salutare e sostenibile.

No, non lo faccio per eroismo ecologico, ma per il puro piacere di vivere meglio e raccogliere qualcosa che sia davvero sano e buono.

Oggi ti racconto come preparo il terreno di un orto, un po’ come ho fatto in una casa vacanza, dove sono entrato in azione per sistemare le cose dopo un inverno un po’ trascurato.

 

Voglio chiarire subito una cosa: se ti aspetti un terreno ribaltato come una torta appena uscita dal forno, bello liscio e marrone, rimarrai deluso.

Qui non vedrai niente di tutto ciò, perché la vera lavorazione del terreno non significa capovolgerlo sottosopra come un calzino sporco.

Al contrario, è un intervento sottile, quasi invisibile.

Qualcuno direbbe: “ma davvero hai lavorato? Non sembra mica!”.

Ecco, appunto, è proprio questo il punto.

 

Perché la terra non è un oggetto inanimato da stravolgere e maltrattare.

Dentro c’è un intero universo di vita che deve restare al suo posto: batteri, funghi, insetti, lombrichi.

Capovolgerlo significa scatenare una tragedia ecologica miniaturizzata, roba da far venire i brividi anche ai più duri di cuore.

 

Ecco perché uso una vanga forca.

Hai presente? È tipo un forcone, solo più robusto.

Ci metti un piede sopra, premi fino a farlo affondare bene, e poi fai leva leggermente. Stop.

Non sollevi niente, non ribalti niente, semplicemente spezzi la compattazione.

Così l’acqua e l’aria possono entrare, portando vita e nutrimento alle radici delle piante che andrai a coltivare.

 

Forse ti starai chiedendo perché non togliere completamente l’erba.

Buona domanda. Lasciarla lì, o meglio, tagliarla lasciando sotto le radici, è come aggiungere fertilizzante gratis: le radici del trifoglio, ad esempio, rilasciano azoto, un nutriente fondamentale.

Non è fantastico avere un terreno che si fertilizza da solo, senza nemmeno pagare?

 

Attenzione però, perché lavorare il terreno non significa nemmeno ossigenarlo troppo.

Troppo ossigeno fa bene al motore della tua macchina, non al tuo orto.

Infatti, eccessiva ossigenazione porta a perdere nutrienti preziosi, un po’ come mangiare sempre fino a scoppiare.

Certo, sul momento è piacevole, ma sappiamo entrambi che non fa bene.

Ecco, la terra è uguale: equilibrio è la parola chiave.

 

E come fai, concretamente, a capire quando è il momento giusto per lavorare la terra?

Se è troppo bagnata, rischi di creare un pasticcio fangoso.

Se troppo asciutta, ti troverai a lottare contro un blocco di cemento. La terra deve essere “in tempra”: si sbriciola facilmente, sembra un pan di Spagna. Proprio così, un pan di Spagna.

Non serve una laurea in scienze agrarie per capire che questo metodo è anche meno faticoso della classica vangatura, quella che ti distrugge la schiena e ti fa chiedere perché mai hai iniziato questa avventura ortolana.

Con la vanga forca non sollevi pesi, semplicemente la conficchi e fai leva.

Certo, forse ti darà fastidio il piede dopo un po’, ma se proprio vuoi strafare, puoi sempre saldare un piccolo supporto di ferro per distribuire meglio il peso.

Problema risolto, fatica dimezzata.

 

E dopo la lavorazione? Qui arriva la parte divertente.

Puoi incorporare sostanza organica come compost, letame ben maturo, o humus di lombrico, e poi ricoprire il tutto con una bella pacciamatura di paglia o fieno.

Questo mantello naturale protegge il terreno dalla siccità, limita la crescita delle infestanti e, soprattutto, rende il tuo orto bello da vedere e buono da gustare.

 

E se vuoi preparare il terreno per le semine? Niente panico.

In questo caso, puoi affinare la superficie con un motocoltivatore dotato di erpice rotante.

Niente fresa, niente motozappa esasperata: il primo è delicato e lavora superficialmente, il secondo invece crea una temibile “suola di lavorazione”, una specie di crosta sotto terra che impedisce il drenaggio e soffoca le radici.

Se proprio vuoi usare la motozappa, ti perdono, però promettimi una cosa: prima rompi il compattamento con la vanga forca, e solo dopo passi leggermente per affinare i primi centimetri.

Così eviti danni e hai comunque un risultato ottimo.

E poi, non dimenticare mai che anche l’erba tagliata è una risorsa.

Se la lasci seccare un giorno o due sul terreno, puoi raccoglierla e trasformarla in pacciamatura.

 

Vedi come cambia tutto quando impari a vedere risorse dove prima vedevi solo problemi?

Alla fine, l’orto è questo: equilibrio, rispetto dei tempi della natura e un pizzico di furbizia sostenibile.

Coltivare un orto in questo modo non è solo sano per te e per il pianeta, ma anche tremendamente soddisfacente.

Ti assicuro che, dopo aver lavorato la terra con consapevolezza, i pomodori che raccoglierai saranno i più buoni della tua vita.

Ora che hai scoperto come gestire il terreno in modo intelligente, ti sfido a tornare alle vecchie abitudini. Impossibile, vero?

E se vuoi continuare a scoprire i segreti di un orto e giardino sostenibili, approfondisci  sito www.giardinofuturo.it.

Non ti prometto miracoli, ma pomodori migliori sì.

 

 

 

Autore: Roberto Massai

Giardino Futuro - Roberto Massai Natural Garden Designer, Arboricoltore, Giardiniere.

Natural Garden Designer & Tutor

 

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