Abito su un crinale spazzato dal vento di grecale e di libeccio, esposto al sole di mezzogiorno.
La terra da queste parti è avara.
Trent’anni or sono, poco fuori dal recinto dell’orto, spuntò fra l’erba un germoglio fatto di uno stelo flessibile e di una terna di aghi.
Era un piccolo pino domestico.
Io non lo notai subito ma lo vidi, un paio d’anni dopo, quando la sua piccola chioma cominciò ad emergere fra l’erba circostante.
Avendo la fortuna di essere nato a ridosso di un palo del telefono, si è salvato dalle lame del trincia, trainato dal trattore, che annualmente passava a “smacchiare”dai rovi e dall’erba alta quell’ appezzamento di terreno.
Come dicevo però la sorte non gli è stata così benevola in quanto a fertilità della terra.
Così per vent’anni è cresciuto, ma sarebbe meglio dire che ha vegetato, senza superare il metro e mezzo di altezza.
Una sorta di bonsai naturale.
Da qualche anno però, il trattore con il suo trincia ha smesso di passare nelle vicinanze dell’alberello.
L’erba si è infoltita e qualche arbusto è spuntato qua e là.
Piante pioniere come rovi, ginestre, rose canine, asparagine, hanno dato copertura a quella terra altrimenti dilavata dalla pioggia e riarsa dal sole.
Con la loro presenza hanno permesso lo sviluppo e il mantenimento della sostanza organica legata al compostaggio dell’erba, delle foglie morte e all’azione degli insetti e dei microrganismi.
Negli ultimi due anni il pino, d’improvviso, ha preso a crescere in maniera sostenuta.
Adesso è alto attorno ai quattro metri e le sue dimensioni sono triplicate.
Lo scorso autunno dopo una serie di acquazzoni importanti sono spuntati a pochi metri dal fusto una decina di pinaroli, funghi, assai comuni, della famiglia dei boleti.
I pinaroli vivono in simbiosi con le conifere e, in particolar modo, con i pini, in un rapporto di mutualistico sostegno.
Un caso?
Non credo proprio.
Questo è quello che è successo.
Veicolate dal vento o da qualche animale le spore del fungo si sono depositate sul terreno.
Qui hanno trovato il substrato organico necessario per germinare e, creando una micorriza, innestarsi alle radici del pino.
Il micelio a quel punto, ovvero il corpo vitale del fungo, si è propagato come una ragnatela nei primi strati del terreno per diversi metri di superficie.
Ora il pino grazie a questa propaggine ramificata delle sue radici è in grado di assorbire acqua e sostanze nutritive a distanze prima impensabili.
In cambio fornisce al micelio, del fungo, una parte dei carboidrati derivati dalla fotosintesi in un bilancio decisamente favorevole.
Lo scorso autunno la stagione era stata propizia in termini di precipitazioni ,quindi di umidità e temperature, per consentire la fruttificazione del micelio.
Ed ecco il motivo della comparsa dei pinaroli, corpi fruttiferi del fungo, fra l’erba, nelle vicinanze del pino.
Si spiega attraverso questo potenziamento naturale dell’apparato radicale, lo sviluppo deciso del pino nelle ultime stagioni che in precedenza aveva stentato non poco in quella terra magra.
Questo tipo di rapporto fra specie differenti che vivono in stretta collaborazione e ne traggono benefici nutrizionali oltre ad una difesa da stress ambientali e patogeni vari, è alla base del florido sviluppo degli alberi e delle piante in genere.
Non è un caso che il bosco sia il regno degli alberi, ovviamente, e dei funghi anche nell’immaginario collettivo.
Nel nostro caso, ha contribuito a creare le condizioni idonee per la micorriza il fatto che ormai da sette anni il trattore non sfalci più l’erba in quell’area.
Il suolo ha potuto rigenerarsi ospitando una varietà di piante prima impossibile, con il seguente lavoro di insetti e microrganismi indispensabile per la creazione di un humus sufficientemente ricco.
Ed io, qui, ho voluto proporre questa piccola storia per meglio spiegare come funzionino, bene, in natura le cose, laddove l’intervento dell’uomo, non solo non è necessario ma al più deleterio.
Autore: Roberto Massai
Natural Garden Designer & Tutor