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Se ti piace sentire storie ti consiglio di seguirmi nel mio podcast GIARDINO FUTURO.
Lo trovi sulle vari piattaforme: SPREAKERS, APPLEPODCAT, SPOTIFY.

Se invece non hai tempo o voglia e vuoi comunque sapere qualcosa del mio passato, come sono arrivato ad occuparmi di giardinaggio e sostenibilità, ecco un sunto della mia vita.

Hai presente la Toscana da cartolina, ci sono nato e cresciuto.

Un paesino di nome San Pancrazio, nel comune di Bucine (AR), di neanche 200 anime, situato su una ridente collina, immersa tra boschi di castagni e querce, oltre a oliveti e vigneti.

La mia modesta casa è circondata da grandi cipressi e il panorama che si vede è uno di quelli a perdita d’occhio, dalle colline alle valli vicine fino al lontano Appennino.

La mia famiglia ha sempre avuto uno stretto legame con la terra.

Mio padre da giovane ha lavorato prima come guardia caccia e poi come fattore in una tenuta di 600 ettari, quando ancora c’erano i contadini a mezzadria.

In seguito si è messo in proprio con una piccola azienda agricola producendo vino olio e miele.

Forse ho ereditato da lui la vena ambientalista.

Già negli anni 70 aveva intrapreso una battaglia legale con un allevamento di suini che scaricava il liquame a fiumi lungo il confine della sua proprietà, rendendo l’aria malsana e irrespirabile.

La politica di allora e i poteri economici sono stati più forti di lui e così ha dovuto abbandonare le sue amate terre.

Si è poi dedicato, anima e corpo, all’apicoltura orgoglioso di vendere un prodotto che più sano non esisteva in natura.

Fin tanto che non è arrivato il flagello della “Varroa”, un acaro che annienta gli alveari.
L’unica possibilità che aveva di salvare la sua grande passione, nonché attività principale, era l’utilizzo di prodotti chimici.

E’ stato uno dei pochi che ha preferito perdere tutto.

Il solo pensiero che a qualche bimbo potesse nuocere il suo miele, ha dato la forza di non seguire l’esempio di chi vedeva nelle api solo un business.

E così si è ritrovato insieme a mio fratello, ormai grandicello e con tanta voglia di lavorare, a gestire la vigna, gli ulivi e tagliare i boschi di proprietà, nello specifico scope di erica, legna da ardere e pali di castagno.

Come se non bastasse anche i miei nonni materni avevano una fiorente azienda agricola nella pianura della Val di Chiana, vicino ad Arezzo.
Producevano prevalentemente ortaggi e frutti estivi, tipo pesche, meloni e cocomeri.

Loro erano invece l’altra faccia della medaglia, il contrario di mio babbo. Seguivano in piena regola quella che era la “rivoluzione verde”.

Mio nonno fu uno dei primi ad acquistare nel dopo guerra uno dei primi trattori, con il quale lavorava pure conto terzi.

Si attenevano con scrupolo a ciò che facevano gli altri agricoltori, o a ciò che consigliavano agronomi e consorzi.

In tutta buona fede.

Si fidavano di ciò che veniva loro consigliato e i risultati che ottenevano avvaloravano quei sistemi.

Mi ricordo che erano pure convinti che i trattamenti come pure i concimi, che davano alle loro colture, non facessero alcun male.
Anzi erano considerati medicinali e quindi servivano a medicare, a far star bene.

Il loro motto era: “se alle piante non dai niente alla fine non ricavi niente”.
Ecco come nasce un paradigma: dalle convinzioni a seguito di abitudini ripetute.

Pensavano che certi prodotti fossero talmente buoni e innocui che li avrebbero potuti bere.
Erano  proprio ignari della  tossicità di tanti prodotti che usavano, a tal punto che li somministravano con il trattore senza cabina e senza alcun indumento di protezione.

Mi ricordo, da piccolo, che mio nonno tornava da dare i trattamenti al pescheto, a volte che sembrava un puffo e altre che sembrava un Simpson.

In pratica sono cresciuto a pane e storie di contadini e imprenditori agricoli.
Ne ho viste e sentite di ogni genere e potrei farti, senza problemi, un sunto di quello che è stato il passato agricolo, dall’epoca dei contadini ai giorni nostri.

Ho studiato senza tanti sforzi fino alla 5a ragioneria, senza però alcuna idea di quello che avrei fatto da grande.
Da ragazzo desideravo tutt’altro che l’agricoltura, anche se non sapevo ancora cosa.

La scuola mi è servita poi a capire che non avrei mai fatto neppure il ragioniere.

In una esperienza di scuola-lavoro, della durata di due settimane, presso una grande azienda, ho capito che non avrei mai potuto rinchiudermi a 20 anni in un ufficio, davanti al computer, a fare cose ripetitive per il resto dei miei giorni.

Il mio posto era fuori, a fare qualcosa di creativo, in cui avrei messo oltre le mani pure il cervello e il cuore.

Prima però di arrivare al fantastico mondo del giardinaggio, forse dovevo espiare non so quale peccato.

Infatti il destino ha voluto che, ottenuto il diploma e sfumata ogni possibilità di andare all’università, mi sia adattato a lavorare con mio fratello al bosco, anche solo per sostenermi economicamente e avere un minimo di indipendenza.

Dopo pochi anni mio fratello  ha avuto un battibecco con il maresciallo della Forestale e ha deciso di dedicarsi ad altro, lasciandomi solo a tirare avanti l’attività di taglia legna.

10 anni di lavori forzati in completa solitudine.

Quante avventure, rischi e quanti quintali sono passati da queste braccia.
Nel frattempo ho avuto modo di avvicinarmi alla terra, grazie alla coltivazione dell’orto ad uso familiare.

Non so come abbia fatto ma mi è entrato subito nel sangue.
La possibilità di produrre cibo di ottima qualità da una semplice manciata di semi, mi ha sempre dato un senso di potenza e gratitudine al tempo stesso.

Ancora però l’aspetto ornamentale delle piante era molto lontano dai miei pensieri.
Le piante avevano il valore di ciò che riuscivano a produrre per i miei usi e consumi.
Il resto del mondo vegetale era come inesistente, una cornice nebulosa, quasi insignificante.

Un giorno dal mio vicino di casa c’era una ditta di giardinaggio a fare degli abbattimenti e delle potature.
Mi sono fatto coraggio e sono andato a indagare.

Ho sentito come un richiamo, verso una vita migliore, un lavoro che non si misurasse solo in quintali.

Ho capito fin da subito che questo lavoro doveva essere davvero complesso perché molto vasto e vario.
Le cose da sapere e imparare mi sembravano infinite e mi spaventava l’idea di come avrei potuto fare a inserirmi in un mercato nuovo senza conoscenze o competenze, per giunta molto complesso.

La mia voglia e capacità di studiare mi è tornata utile e mi sono messo in cerca di tutti i libri che potessero darmi un qualche slancio.

Mi ricordo che un’estate, in vacanza con mia moglie Laura e altri amici, ho passato 3 settimane al mare in Sardegna, a leggere libri di giardinaggio sull’amaca.

La difficoltà di allora più che studiare era trovare i testi.

C’era poco e quei pochi erano tutti molto sommari.

Si doveva andare per librerie, biblioteche, chiedere in giro.
Ho iniziato poi a seguire i primi corsi e nel giro di poco tempo, insieme a Mirco, un amico fraterno, abbiamo iniziato a fare giardini e manutenzioni.

All’inizio ci hanno dato una grande mano anche altri giardinieri e vivaisti di zona, passandoci lavori e dandoci consigli.

La prima svolta  c’è stata quando, in seguito a una potatura di un albero, contestata dal figlio piccolo del proprietario, perché mal eseguita, mi sono chiesto come avrei potuto fare di meglio.

E’ così che è balenata l’idea del tree climbing.

Considera che quando ho preso l’abilitazione, per salire sugli alberi con imbracatura e corde, il tree climbing non era ancora stato regolamentato dalla legge sulla sicurezza.
Erano gli albori, almeno in Italia.

E così ho cambiato il mio approccio alle piante.
Ho cominciato a vederle come esseri viventi e non più come oggetti di uso e consumo.

Per questo a volte ti parlo di false credenze o paradigmi, semplicemente perché ne ho vissuti tanti  sulla mia stessa pelle.

Un’altra svolta c’è stata quando mi si è presentato un cliente facoltoso che voleva realizzare un giardino e pretendeva, giustamente, un progetto.

Mi sono rivolto a una disegnatrice che mi ha fatto delle bellissime tavole disegnate ad acquerello, che però non hanno colto nel segno e questo senso di impotenza mi ha spinto a intraprendere un corso specializzante di garden designer.

E’ stato illuminate, ho imparato a usare programmi di progettazione, addirittura con render in 3D ma ancora c’era qualcosa che mancava.

Sentivo che stare a progettare a tavolino snaturava tutta la poesia che c’è nel realizzare un giardino.

E’ così che è nata l’idea della progettazione e realizzazione di giardini in modo condiviso, con la partecipazione degli stessi clienti.
Adoro capire le aspirazioni ed esigenze del cliente e trasformarle in realtà senza però strafare, senza fretta, con i tempi che occorrono.

Poi un giorno è successo quello che non era mai successo in tutte le mie avventure di bosco o tree climbing più pericolose, ed è successo nel modo più ingenuo e banale che potesse succedere.

Ho avuto un infortunio.

Potando una semplice edera, mi sono chinato a terra in ginocchio per strappare un tralcio radicato e tirando con forza mi sono trafitto il polso con la punta dei forbicioni, che erano rimasti aperti nell’altra mano.
Una pugnalata profonda che ha reciso l’arteria radiale.

Per l’emorragia sono stato costretto a chiamare i soccorsi.

Era la prima volta che salivo in un ambulanza e ci salivo da infortunato.

Mi sono sentito per la prima volta vulnerabile e ho pensato che se avessi perso l’uso anche solo del pollice, tutta la voglia di fare e lavorare non mi sarebbe più valsa a molto.
Fortunatamente a livello motorio non avevo lesionato niente.

Durante la convalescenza mi è stato regalato un libro.
L’enciclica di papa Francesco “Laudato Si”.

Non so come chiamarlo, se destino o altro.

Per me quella lettura in quel frangente è stata come una chiamata, uno di quei momenti della vita in cui si uniscono tutti i puntini.

Una circostanza in cui il tuo passato, le tue origini, le esperienze fatte sembrano tutti in linea, in funzione di quello che sarà il tuo futuro.

In questo testo il Papa ammonisce sui rischi che corre la nostra specie se continuiamo di questo passo, con lo stile di vita scellerato che abbiamo.
Se ognuno di noi non si impegnerà nel contrastare i cambiamenti climatici, potremmo rischiare pure l’estinzione.

A ognuno è richiesto di fare la propria parte, in ogni campo, in ogni modo”.

Queste parole mi hanno smosso nel profondo, come se una voce mi stesse chiamando e mi dicesse che avevo molto da dare e che potevo contribuire veramente a questa causa.

E così ho unito ai 20 anni di studio del giardino, pure quello dell’ecologia, la biofilia, la crescita personale, la psicologia, l’antropologia, la storia.
In pratica aprire quell’enciclica del papa per me è stato come aprire il vaso di pandora.

Ho cominciato così a mettere in discussione tutte quelle pratiche che fino ad allora mi erano sembrate assurde e troppo dispendiose.
Avevo trovato un senso alle mie domande ed era giunto il momento di condividere le risposte.

Ecco come sono arrivato a tanto: a fare video anche se impacciato, a fare un podcast che sapevo a mala pena cosa fosse, a nutrire di continuo social con contenuti e riflessioni.

Perché sempre più persone capiscano quanto il giardino possa aiutarci a ritrovare la sana connessione con la natura, persa ormai da tempo.

Dove trovo la forza e la motivazione per fare tutto questo?

Dal solo pensiero che la mia piccola Vittoria che adesso ha quasi 5 anni potrebbe non avere un futuro sicuro e agiato come lo è stato il mio presente.

Come puoi sperare e aspettare che faccia qualcosa sempre qualcun altro, quando quotidianamente potresti, con piccoli gesti, fare anche tu la differenza?

Come è possibile ancora sprecare acqua e disperdere concimi o veleni, come non ci fosse un domani, solo per soddisfare la vana gloria o il proprio ego?

Un giardinaggio sostenibile oltre ad essere possibile ed auspicabile  è pure doveroso e ti permette di risparmiare tempo, soldi, fatiche.

Oltre a guadagnare salute, benessere, tranquillità.

Perché non provare?

E’ possibile cambiare approccio.

Pensa solo al mio percorso evolutivo:
dall’utilizzatore che disboscava e misurava gli alberi in quintali al realizzatore e divulgatore di giardini virtuosi e sostenibili.

Basta solo aprire gli occhi e prendere la giusta consapevolezza dell’immensa bellezza che ci circonda.

Ora tocca anche a te.

Tutti possiamo fare la nostra parte, semplicemente perché ne abbiamo bisogno e soprattutto non ci sono tante altre alternative.

Non c’è bisogno di fare miracoli.

Ti basta solo cambiare un minimo lo stile di vita.

Puoi partire benissimo dal tuo giardino.

 

(tratto dalla puntata n.16 del podcast Giardino Futuro  )

 

AUTORE: Roberto Massai

Giardino Futuro - Roberto Massai Natural Garden Designer, Arboricoltore, Giardiniere.

Natural Garden Designer & Tutor

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